Codesto Ministero dell’Interno, richiamando un’analoga richiesta del Comune di ..., domanda l’avviso di questa Commissione sui limiti che la speciale disciplina sui divieti di divulgazione delle procedure di gara, ex art. 13 del d. lgs. 163/2006, possa interporre al diritto d’accesso informativo dei consiglieri comunali di cui all’art. 43, II comma, d. lgs. 267/2000: e, in particolare, se l’Amministrazione comunale possa differire al termine stabilito dal predetto art. 13, l'accesso degli stessi consiglieri agli atti di gara (incluse le offerte o gli elenchi dei soggetti che hanno presentato domanda di partecipazione, o anche solo manifestato interesse in tal senso) ovvero se gli essi possano ottenere tali informazioni prima della scadenza di tali termini.
Invero, l'art. 43, II comma, cit. dispone che i consiglieri comunali hanno diritto di ottenere dagli uffici del Comune, nonche' dalle loro aziende ed enti dipendenti, “tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato. Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge”.
A sua volta, il richiamato art. 13, I comma, fissa intanto il principio che, ove non derogato dalle successive disposizioni, il diritto di accesso agli atti delle procedure contrattuali, comprese le candidature e le offerte, e' disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241.
Per tali disposizioni speciali il diritto d'accesso e' differito (II comma): a) nelle procedure aperte, in relazione all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime; b) nelle procedure ristrette e negoziate, e nelle gare informali, in relazione all'elenco dei soggetti comunque interessati a parteciparvi, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime: ai soli soggetti estromessi, e' consentito l'accesso all'elenco dei soggetti inclusi nella procedura; c) in relazione alle offerte, fino all'approvazione dell'aggiudicazione; d) in relazione al procedimento di verifica della anomalia dell'offerta, fino all'aggiudicazione definitiva.
Tali atti, fino ai termini ivi previsti, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti, e l'inosservanza di tali disposizioni comporta l'applicazione dell'art. 326 c.p..
Codesto Ministero rammenta quindi che, secondo la giurisprudenza, la disciplina di cui al citato art. 13, costituisce “una sorta di microsistema normativo, collegato all'idea della peculiarita' del settore considerato, pur all'interno delle coordinate generali dell'accesso tracciate dalla l. n. 241 del 1990”: un sistema “di regole proprie (qualificabili come speciali, se non addirittura eccezionali, in raffronto con il principio di accessibilita', ora sancito dal nuovo testo dell'art. 22, l. n. 241 cit.), inserite nella cornice delle regole generali in materia di accesso ai documenti” (C.d.S., V, 9 dicembre 2008, n. 6121).
Ebbene, prosegue la richiesta di parere qui riscontrata, certamente la trasparenza, incentivata dalla legge 241/1990 e' fattore propulsivo di efficienza e di efficacia dell'azione amministrativa: ma tale obiettivo non puo' essere perseguito mediante controlli atipici, affidati all'iniziativa di singoli cittadini, pur se eletti negli organi politico-amministrativi: del resto, l'art. 24, comma 3, della legge n. 241/90, stabilisce il principio in base al quale “non sono ammissibili istanze di accesso, preordinate ad un controllo generalizzato delle pubbliche amministrazioni”.
Cio' posto, nel caso di specie, seguita la nota, e' stato richiesto da singoli consiglieri "di prendere conoscenza di una serie generalizzata di atti, per i quali appaiono incerti non solo il diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti, ma persino la materiale esistenza alla data della richiesta".
Cosi', pur riconoscendo la latitudine del diritto di accesso esercitato dai consiglieri comunali, ai sensi del ripetuto art. 43, codesta Amministrazione ne vorrebbe delimitare tuttavia l'applicazione secondo i principi sopraenunciati, non ammettendosi un esercizio indiscriminato del diritto, oltre i limiti enunciati dalla stessa legge che ne ha regolato l'istituzione e l'esercizio.
D'altra parte, il diritto di accesso non potrebbe trasformarsi, come nella fattispecie si vorrebbe, in un generalizzato conferimento agli amministrati di poteri ispettivi che, per quanto mossi da obiettivi di pubblico interesse, esulano dalle finalita' della L. 241/90 e rientrano propriamente nella disciplina dei controlli, cui possono essere di giovamento e d’impulso, ma senza alcuna confusione, gli istituti partecipativi, previsti dalla legge sul procedimento.
Sicche', conclude la nota, parrebbe pertanto consequenziale sostenere, tra le varie ipotesi, e per quanto qui di rilievo, la legittimita' del differimento del diritto di accesso alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte secondo l'art. 13, comma 2, lett. a), del Codice degli appalti.
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