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02/06/2020 Progetto Trasparenza > Piano Nazionale Anticorruzione - Misure generali di prevenzione della corruzione
  • Misure generali di prevenzione della corruzione

Le principali misure di carattere generale di prevenzione della corruzione sono individuate dal legislatore per la prevenzione della corruzione, e intervengono in modo trasversale sull’organizzazione dell’intera amministrazione, a prescindere dalle specifiche competenze e attività svolte. Si tratta innanzitutto di misure volte a garantire l’imparzialità soggettiva dei funzionari pubblici, mediante discipline che vietano l’accesso o la permanenza nelle cariche pubbliche o lo svolgimento di determinate mansioni, in relazione sia a posizioni soggettive dell’interessato sia a situazioni che potrebbero determinare il rischio di conflitto di interessi o di imparzialità per condizionamenti provenienti dalla sfera politica e dal settore privato. Un particolare approfondimento è stato dedicato all’istituto della rotazione c.d. “straordinaria”, previsto all’art. 16, co. 1, lett. 1- quater) del d.lgs. 165/2001, come misura di carattere successivo al verificarsi di fenomeni corruttivi. L’Autorità, a seguito delle criticità riscontrate nell’ambito dell’attività di vigilanza, con la delibera n. 215 del 26 marzo 2019 (cfr. § 6.1) ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicazione dell’istituto, con riferimento, in particolare, all’identificazione dei reati presupposto e al momento del procedimento penale in cui l’amministrazione deve valutare il comportamento del dipendente e l’eventuale applicazione della misura. Nel PNA sono stati anche formulati alcuni suggerimenti per l’attuazione della rotazione straordinaria. Ulteriore rilievo è stato attribuito ai codici di comportamento di cui ogni amministrazione deve dotarsi, tenendo conto delle funzioni peculiari svolte e della specifica struttura organizzativa. Per quanto riguarda l’ambito soggettivo di applicazione dei codici, è stato chiarito che ne sono destinatari non solo i dipendenti il cui rapporto è disciplinato contrattualmente, ai sensi dell’art. 2, commi 2 e 3, del d.lgs. 165/2001, ma anche i collaboratori esterni, i titolari di organi di indirizzo e di incarichi negli uffici di diretta collaborazione delle autorità politiche, nonché i collaboratori di imprese che forniscono beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione. Per tali soggetti gli schemi di incarico/contratto/bando devono contenere l’obbligo di osservare il codice di comportamento, con clausole di risoluzione o decadenza del rapporto in caso di violazione delle norme del codice. Per il personale in regime di diritto pubblico, le disposizioni del codice costituiscono principi di comportamento, in quanto compatibili con la disciplina dei rispettivi ordinamenti. Al riguardo l’Autorità, cui sono attribuiti poteri di regolazione in materia e poteri di vigilanza e sanzionatori per la mancata adozione dei codici, con delibera n. 177 del 19 febbraio 2020, ha emanato nuove linee guida in materia di codici di comportamento delle amministrazioni pubbliche, che aggiornano le linee guida di cui alla delibera n. 75 del 24 ottobre 2013 (cfr. § 6.1). Nel PNA 2019 è stato poi affrontato il tema della gestione del conflitto di interessi, espressione del principio generale di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 Cost. Le disposizioni in materia si riferiscono a qualsiasi posizione che potenzialmente può pregiudicare il corretto agire amministrativo e, anche in astratto, l’imparzialità del dipendente pubblico. In tale prospettiva si collocano le misure introdotte dalla l. 190/2012 in merito all’obbligo di astensione del dipendente in caso di conflitto di interessi, alle ipotesi di incompatibilità e inconferibilità di incarichi, all’adozione dei codici di comportamento, al divieto di pantouflage, all’autorizzazione a svolgere incarichi extra istituzionali e all’affidamento di incarichi a consulenti esterni. Sono state quindi esaminate distintamente le singole misure, a partire dall’obbligo di astensione del responsabile del procedimento o del titolare dell’ufficio competente a effettuare valutazioni, a predisporre atti endoprocedimentali e ad assumere il provvedimento finale, in caso di conflitto di interessi, anche potenziale, obbligo disciplinato all’art. 6-bis della l. 241/1990, in cui assume valenza di principio generale del diritto amministrativo senza deroghe ed eccezioni. Sul punto è stato inoltre precisato che obblighi di comunicazione a carico del dipendente e astensione dallo svolgimento di attività in situazioni di conflitto di interessi sono previsti nel codice di comportamento dei dipendenti pubblici di cui al d.P.R. 62/2013. In quest’ultimo il legislatore ha previsto una tipizzazione di relazioni personali e professionali sintomatiche di possibile conflitto di interessi, con una norma di chiusura di carattere generale riguardante le “gravi ragioni di convenienza” che comportano l’obbligo di astensione (artt. 6, 7 e 14). Con riferimento alla verifica in concreto della idoneità della situazione segnalata a ledere l’imparzialità dell’agire amministrativo, si è infine precisato che tale accertamento spetta al responsabile dell’ufficio di appartenenza o al superiore gerarchico, mentre l’Autorità ha il potere di fornire indirizzi generali sull’applicazione della normativa. Nel PNA 2019 si è dato anche conto che nell’ambito dell’attività di vigilanza l’Autorità ha espresso orientamenti con riferimento all’imparzialità dei componenti delle commissioni di concorso per il reclutamento del personale o di selezione per il conferimento di incarichi. In tal senso, una peculiare ipotesi di conflitto di interessi riscontrata dall’Autorità è quella cd. “strutturale”, che si configura quando l’affidamento di un incarico, pur non rientrando tra i casi di incompatibilità e inconferibilità disciplinati dal d.lgs. 39/2013, comporta, tuttavia, una situazione di conflitto di interessi non limitata a una tipologia di atti, ma permanente e generalizzata in relazione alle funzioni attribuite. Sulla questione si è ritenuto che poiché il rimedio dell’astensione pregiudicherebbe il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa, il conferimento dell’incarico, seppure conforme alle norme vigenti, deve essere attentamente valutato dal soggetto/organo conferente sotto il profilo dell’opportunità. Ulteriori indicazioni fornite nel PNA 2019 hanno riguardato la verifica della insussistenza del conflitto di interessi con riguardo ai consulenti. In proposito, sono state fornite alcune esemplificazioni di misure al fine di prevedere nel PTPCT modalità adeguate per dare piena attuazione alla disposizione. Nel PNA 2019 il conflitto di interessi è stato altresì esaminato nell’ambito degli appalti pubblici, settore particolarmente esposto al rischio di fenomeni corruttivi, alla luce della norma introdotta all’art. 42 del d.lgs. 50/2016. Al riguardo, si è rinviato alla delibera n. 494 del 5 giugno 2019 recante le “Linee guida per l’individuazione e la gestione dei conflitti di interessi nelle procedure di affidamento di contratti pubblici”. Per quanto concerne le incompatibilità e inconferibilità di incarichi nelle pubbliche amministrazioni ai sensi del d.lgs. 39/2013, sono fornite indicazioni sulle misure da inserire nel PTPCT, attinenti all’acquisizione e verifica delle dichiarazioni rese dai soggetti interessati, sul ruolo e i poteri di accertamento posti in capo al RPCT e all’ANAC. Sono stati, inoltre, richiamati gli orientamenti dell’Autorità e la recente giurisprudenza in materia, nonché gli atti di segnalazione trasmessi al Governo e Parlamento per eliminare alcune incongruenze della normativa. Sono state poi illustrate e messe a confronto le preclusioni a operare in determinati settori (quali ad esempio, la partecipazione a commissioni di concorso o di gara) e a ricoprire determinati incarichi stabiliti all’art. 35-bis del d.lgs. 165/2001 e all’art. 3 del d.lgs. 39/2013, laddove l’affidabilità dell’interessato sia incisa da una sentenza di condanna, anche non definitiva, per reati contro la PA. In relazione alla possibilità di svolgere incarichi e prestazioni non compresi nei doveri d’ufficio, regolata all’art. 53 del d.lgs. 165/2001, è stata sottolineata la necessità che l’autorizzazione sia rilasciata dall’amministrazione di appartenenza sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, con riguardo anche a quello volto a escludere situazioni di conflitto, anche potenziale, di interesse. Ciò in ragione del rischio che lo svolgimento dell’incarico extra istituzionale possa favorire interessi contrapposti a quelli affidati alla cura del funzionario pubblico. Si è ritenuto quindi che nei PTPCT occorre che sia data evidenza del regolamento emanato su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con i Ministri interessati, in attuazione dell’art. 53, co. 3-bis, e che sia chiaramente definita la procedura per la presentazione della richiesta e il rilascio dell’autorizzazione. Una speciale attenzione è stata rivolta al “pantouflage” di cui al co. 16-ter dell’art. 53 del d.lgs. 165/2001. Tale norma stabilisce il divieto per i dipendenti, che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni, di svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività dell’amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. La disposizione prevede anche conseguenze sanzionatorie in caso di violazione del divieto (nullità dei contratti stipulati e degli incarichi conferiti e impossibilità per i soggetti privati che hanno concluso contratti o affidato incarichi in violazione del divieto a contrattare con la p.a. per i successivi tre anni). Tenuto conto che la formulazione della norma ha dato luogo a numerosi dubbi interpretativi, l’Autorità nel PNA 2019 ha fornito alcune indicazioni con riferimento alla delimitazione dell’ambito di applicazione, all’attività negoziale esercitata dal dipendente e ai soggetti privati destinatari del divieto. Un aspetto che ha sollevato molte criticità attiene all’identificazione dell’autorità competente ad accertare la violazione del divieto e a garantire l’applicazione delle sanzioni, nonché ai poteri dell’ANAC in materia di pantouflage. In proposito nel PNA si è precisato che l’Autorità svolge attività consultiva ai sensi del relativo regolamento del 7 dicembre 2018, mentre, per quanto concerne la vigilanza, è stato richiamato il recente orientamento giurisprudenziale espresso con la sentenza del Consiglio d Stato, sez. V, del 29 ottobre 2019, n. 7411 che ha riconosciuto all’ANAC il potere di vigilare e di accertare le fattispecie di incompatibilità successiva di cui all’art. 53, co. 16-ter, del d.lgs. 165/2001e ha stabilito che spettano all’Autorità anche i previsti poteri sanzionatori. Si è evidenziato che la posizione espressa nella citata sentenza è senza dubbio utile a superare alcune delle questioni interpretative sorte, ferma restando l’opportunità di un intervento del legislatore volto a eliminare ogni incertezza, allo scopo di consentire la piena attuazione della norma. Sono state infine esemplificate alcune misure da inserire nei PTPCT per prevenire il fenomeno del pantouflage, quali apposite clausole negli atti di assunzione del personale in cui si preveda espressamente il divieto; dichiarazioni da sottoscrivere al momento della cessazione dal servizio, con cui il dipendente si impegna al rispetto del divieto; la previsione nei bandi di gara dell’obbligo per l’operatore economico concorrente di dichiarare di non aver stipulato contratti di lavoro o affidato incarichi a ex dipendenti pubblici in violazione del divieto, in conformità al contenuto dei bandi tipo adottati dall’Autorità ai sensi dell’art. 71 del d.lgs. 50/2016. Particolare attenzione è stata riservata alla formazione dei dipendenti, in materia di etica, integrità e altre tematiche inerenti al rischio corruttivo; tale formazione è attuata, nelle amministrazioni centrali, con il supporto della Scuola superiore della pubblica amministrazione e negli altri enti, con specifici percorsi formativi. Essa dovrebbe essere strutturata su due livelli, uno generale, rivolto a tutti i dipendenti, e uno specifico destinato al RPCT, agli organismi di controllo e al personale impegnato nelle attività a maggior rischio corruttivo, con percorsi differenziati in relazione al ruolo ricoperto. L’Autorità ha sottolineato che i temi da trattare nella formazione dovrebbero comprendere sia il contenuto dei codici di comportamento sia le fasi di predisposizione del PTPCT, auspicando accordi tra enti locali e il coinvolgimento delle amministrazioni centrali nell’ambito della collaborazione con gli stessi enti. Alla misura della rotazione c.d. “ordinaria” del personale è stato dedicato uno specifico approfondimento nell’allegato 2 al PNA. Poiché nell’ambito della vigilanza, sono state riscontrate alcune carenze, non risultando spesso nei PTPCT un’adeguata programmazione della rotazione, né l’indicazione dei criteri di applicazione della stessa, l’Autorità nel PNA ha raccomandato alle amministrazioni di effettuare scelte organizzative o adottare altre misure di natura preventiva con effetti analoghi, secondo le indicazioni contenute nel richiamato Allegato 2 al PNA. Nel PNA 2019 ampio spazio è stato dedicato alla misura della trasparenza; al riguardo sono stati richiamati i diversi atti di regolazione adottati dall’ANAC in materia di obblighi di pubblicazione e, in particolare, la delibera n. 1310/2016 e la delibera n. 1134/2017 con cui sono state fornite indicazioni per l’attuazione della disciplina da parte delle pubbliche amministrazioni, delle società, degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici, elaborando anche una ricognizione degli obblighi di trasparenza da pubblicare sui siti istituzionali. Si è dato anche conto dell’ intenzione dell’Autorità di procedere ad un aggiornamento dell’elenco degli obblighi, alla luce delle modifiche legislative intervenute, e di attivarsi, in virtù di quanto disposto dall’art. 48 del d.lgs. 33/2013, per definire, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali, la Conferenza unificata, l’Agenzia Italia Digitale e l’ISTAT, «criteri, modelli e schemi standard per l'organizzazione, la codificazione e la rappresentazione dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria». Con riferimento agli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 14 del d.lgs. 33/2013, nel PNA è stata richiamata la delibera n. 241/2017 in parte modificata dalla delibera n. 586 del 26 giugno 2019 (cfr. § 7.1). Per quanto concerne, invece, il diritto di accesso civico generalizzato, introdotto all’art. 5, comma 2, del d.lgs. 33/2013, è stata richiamata la delibera n. 1309/2016, ove sono stati definiti limiti ed esclusioni per l’applicazione dell’istituto. In particolare,è stato approfondito il tema del bilanciamento tra diritto alla riservatezza dei dati personali e quello dei cittadini al libero accesso ai dati e alle informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni, entrambi tutelati dalla Costituzione e dal diritto europeo, alla luce delle considerazioni svolte dalla Corte costituzionale nella pronuncia n. 20/2019 e del nuovo Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, recepito con il d.lgs. 101/2018. Nel PNA è stata sottolineata anche l’importanza della funzione di supporto per tutta l’amministrazione svolta dal Responsabile per la protezione dei dati, prevista dal citato Regolamento (UE). Si è poi insistito sulla necessità di una piena integrazione della programmazione delle misure di trasparenza nel PTPCT, ove sono indicati i soggetti e gli uffici responsabili della trasmissione dei dati e di quelli cui spetta la pubblicazione, ricordando che ogni amministrazione è tenuta a definire i termini per l’aggiornamento dei dati, dandone evidenza nel PTPCT. E’ stata anche ribadita l’importanza del compito affidato agli organismi indipendenti di valutazione (OIV) o organismi con funzioni analoghe, cui spetta di promuovere e attestare l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione - ai sensi dell’art. 14, co. 4, lett. g) del d.lgs. 150/2009, dell’art. 44 del d.lgs. 33/2013 e dell’art. 1, co. 8-bis, della l. 190/2012 - secondo le indicazioni che l’Autorità annualmente fornisce a tali soggetti (da ultimo con la delibera n. 141 del 27 febbraio 2019).

Fonte: Anac Progetto trasparenza > Prevenzione della corruzione e della trasparenza

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